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Agriturismo

"Sa Mandra Noa"
Località Terme San Saturnino, 07010 Benetutti (SS) - Sardegna - Italia - Partita Iva IT01849330905
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Benetutti è un comune della Sardegna, e più precisamente della regione storica del Goceano.


È un paese antichissimo che conserva nel suo territorio tracce di insediamenti nuragici e romani.


Possiamo infatti trovare varie tombe dei gigantidomus de janas e costruzioni risalenti al neolitico.
I romani hanno lasciato alcune tracce della loro permanenza sul territorio come dimostra, per esempio, la vasca termale che si trova all'interno delle terme di San Saturnino.


Appartenne al giudicato di Torres e fece parte della curatoria del Goceano o di Anela (di cui Anela fu il capoluogo).


Alla caduta del giudicato (1259) la curatoria del Goceano andò a far parte del giudicato di Arborea.


Alla sconfitta del giudicato, e a quella del marchesato di Oristano (XV secolo), passò agli aragonesi che ne fecero un feudo regio.


Fu riscattato ai feudatari nel 1839.


La variante del sardo parlata a Benetutti è quella logudorese centrale o comune.


Monumenti e luoghi d'interesse


Sono numerosi i luoghi di culto presenti a Benetutti. 


Fra tutti si segnalano:


- la chiesa parrocchiale di Sant'Elena, che conserva un retablo databile al 1549 attribuito al Maestro di Ozieri e considerato una delle più originali espressioni dell'arte sarda del Rinascimento


- la chiesa di Santa Croce


- la chiesa di San Timoteo


- la chiesa di San Salvatore


- la chiesa di Santa Rosalia


- la chiesa campestre di Santa Barbara


- la chiesa della Beata Vergine di Boloe


Terme


Benetutti
 è conosciuto anche per le sue sorgenti termali che si trovano sparse qua e là per il suo territorio, conosciute fin dall'antichità e sono inevitabilmente legate alle leggende sulla nascita del nome del paese.


Esistono tre stabilimenti termali privati e diverse sorgenti spontanee in cui è possibile fare liberamente il bagno.
 

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IL TERRITORIO - LA STORIA


Benetutti è uno dei centri più rappresentativi dell'alta valle del Tirso, conosciuta con il nome di Goceano. 

A nord di Benetutti, in regione Bolòe, sulla cima di un colle dominante, vi è un'antica chiesetta dedicata alla Vergine Assunta. 


Ai piedi del colle, nel primo medioevo, sorgevano due borghi: uno a sud ed uno a nord della stessa chiesetta. 

La conferma dell'esistenza dei due borghi viene da una lettera pastorale del vescovo Atone De Castro del XII secolo. 

Secondo il Murineddu questi due borghi si chiamavano Bulterina 'e susu, perché più in alto, e Bulterina e sutu, perché assai più in basso. 


Si usava infatti nei tempi antichi chiamare con lo stesso nome e solo distinti dalle preposizioni susu e sutu due abitati vicinissimi che avevano comuni origini e costumi.


E' plausibile che i due abitati siano stati abbandonati nella medesima epoca. Lo stesso vescovo De Castro nelle sue lettere pastorali cita nell'agro di Benetutti altri due borghi abitati: " Quasi ad occasum Bulterinae, una circiter ab ea quinque milia passum, altera novem milia passum, duo villae parvae sed temporibus antiquis clarae, iacent". 


Uno sorgeva in regione Tililimurria, centro abbandonato assai prima di Bulterina, l'altro, secondo il parere dello studioso Murineddu, in regione S. Arvara. 


Si esclude, quindi, che una di queste due fosse Bulterina e memeno la villa intorno alle Terme di S. Saturnino, dove v'era il Monastero dei Camaldolesi, perché detta villa si chiamava Usulvi. 


Secondo il Murineddu quello poi " ad occasum Bulterinae " condanna a priori coloro che affermano che Bulterina non sia altro che l'attuale paese di Bultei.


Per il Casalis Benetutti è il nome che i Pisani diedero all'antica Bullerjana perchè si erano resi conto che le Terme facevano bene a tutti i mali. Ma potrebbe derivare anche dal latino "bene tutus" = ben protetto vista la sua posizione dominante la valle. 


La fondazione dell'attuale Benetutti avvenne intorno al 1100, una cinquantina d'anni dopo che venne abbandonata Bulterina, e un secolo dopo che vennero abbandonati i borghi di Tilimurria e di Santa Arvara. 


Usulvi fu evacuata probabilmente dopo la fondazione di Bullerjana, dove si trasferirono gli abitanti insieme a quelli dei borghi distrutti e già insediati a Bultei, desiderosi di ritornare nelle zone di origine. E' incerto se Bultei esistesse da tempi antichi. 


E' possibile che qui si fossero trasferiti gli abitanti di Bulterina e quelli di altri centri abbandonati molto prima e lo abbiano accresciuto tanto da chiamarlo la grande Bulterina, cioè Bultei. 


Nel territorio di Benetutti si possono ancora scorgere vestigia di antiche popolazioni, anche quelle tra le prime venute in Sardegna. 


Negli scritti degli storici antichi tuttavia il Murineddu non è riuscito a rintracciare che pochissimi dati, ma nulla sul nome della prima tribù che si insedio' in questo territorio. 


Però è sicuro che fiorì una notevole civiltà , come attestano i numerosi nuraghi: d'Aspru , Carvoneddu, Orrile, Torodda, Ogoro, Alamanna, Tolidda. 


Quest'ultimo, costruito su di una rupe, presso una ricca vena di ottima acqua sgorgante da un macigno, era, fino al secolo scorso, il più maestoso ed il meglio conservato. 


Moltissime anche le domus de janas, tra i quali quella di Luzzans, dipinta con graffiti a labirinto. 


Nei pressi del cimitero di Benetutti, in localita' Maone, a sud del paese, si puo' vedere il Dolmen di Monte Maone. 


I dolmen, tombe collettive megalitiche diffusissime in tutta l'Europa occidentale e settentrionale e in particolar modo in Bretagna (il termine stesso è di origine bretone e significa "tavola di pietra"), sono piuttosto rari in Sardegna, specie se la loro frequenza viene paragonata a quella delle sepolture ipogeiche dello stesso periodo, le numerosissime domus de janas. 

Sul Dizionario geografico - storico del Casalis si afferma che sul monte che sovrasta Benetutti, fino al 1800, si potevano ancora scorgere le rovine d'un castello, chiamato Sisine, che diede il nome anche al monte. 


Il Casalis riferisce che fino al 1834 a Benetutti non esisteva ancora il Cimitero. 


I morti appartenenti a famiglie povere venivano sepolti in un praticello confinante con la chiesa parrocchiale di S. Elena Imperatrice, dove invece venivano sepolti i ricchi. 


La sepoltura dei morti a Benetutti aveva luogo con riti tramandati da antico tempo. Intorno al cadavere si riunivano tutti i parenti e gli amici del morto e le donne cantavano le lodi al defunto, mettendo in quelle rievocazioni tanto calore da commuovere tutti al pianto. 


Prima di chiudere il corpo nella bara, in una tasca dell'abito che lo ricopriva, era uso mettere una moneta di venti centesimi. 


Dopo la sepoltura, a tutti gli intervenuti si offriva carne e pane se il morto apparteneva a famiglia ricca, solo pane se di famiglia povera. 


Già dai tempi antichi la cura delle anime era affidata a tre sacerdoti: il parroco, che aveva pure la qualifica di rettore - così è ancora chiamato - e due preti che lo coadiuvavano. 


Per il suo officio nel 1834 il rettore percepiva cinque mila lire annue, che spartiva coi suoi coadiutori. 


Anche quando le decime vennero abolite per legge, i Benetuttesi continuarono a pagarle volontariamente in natura: il grano, l'orzo e i frutti destinati alla Chiesa venivano ammassati nella chiesetta di S. Rosalia, posta ai piedi del monte Sisine. 

La principale attività degli abitanti era la pastorizia. 


Nel 1831 i pastori si ribellarono in massa, chiedendo che le loro greggi ed armenti potessero pascolare liberamente senza essere costretti a pagare gravosi canoni. I rivoltosi abbatterono i muri che chiudevano le tanche ed incendiarono i boschi; il governo intervenne energicamente e sul campo morirono diversi soldati e popolani. 


Molti rivoltosi, dopo un sommario processo, finirono sulla forca, eretta a Benetutti, in una piazzetta, poco distante dall'attuale municipio.


Oltre che per la sua ospitalità Benetutti è rinomato per il pane “Carasau”, il più sottile della Sardegna, ancora oggi fatto con arte e cotto nei forni a legna, ed inoltre per i dolci in particolare gli introvabili “Sos Papasinos Fines” la cui antica ricetta viene tutt'oggi conservata gelosamente. 


A Benetutti è vissuta la nobile famiglia Angioy, originaria di Orune, che ha legato il suo nome anche alle Terme di S. Saturnino.


Esiste un certificato di battesimo della parrocchia di S.Elena che fa risalire la nascita di Giuseppe Ignazio Angioy dal nobile Giovanni Maria Angioy e dalla nobildonna Antoniangela Minutili nel 1747.

 

TERME


ACQUAE LUSITANAE


(Terme di S. Saturnino Benetutti)


Il Goceano è ricchissimo di acqua. 


Oltre il Tirso, il quale scorrendo pigramente, attraversa per tutta la lunghezza la Alta Valle, e gli altri fiumi che ho accennato, numerosi sono i ruscelli che scendono dai contrafforti montani. 


L'acqua, in generale, zampilla spontanea o la si trova a pochi metri di profondità. 


Tra tutte queste meritano una particolare citazione le acque termali di San Saturnino, che gli antichi chiamavano “ Aquae Lusitanae” , perché, in quei pressi, fino al primo medioevo, si estendeva l'antica città di Lesa. 


Claudio Tolomeo, celebre astronomo, matematico, geografo e fisico, vissuto nel secondo secolo ,nel libro “Introduzione Geografica” -vasta esposizione delle conoscenze geografiche degli antichi -decanta le “Aquae Lusitanae Il dottor Martino Carillo, canonico della Chiesa Metropolitana di Saragozza, visitatore generale e reale del regno di Sardegna, nella relazione fatta al suo re Don Filippo nel 1611, giunto a parlare del Goceano, delle acque termali di S. Saturnino cosi dice: « Vi sono nel regno molti bagni d'acqua calda e temperata, e particolarmente nel Goceano, ove si vedono le inscrizioni su pietre dei mali che dette acque curano. 


Si vedono ancora diverse costruzioni dell'epoca romana, dai Romani costruite, perché amanti di detti bagni.


Queste costruzioni, per l'incuria dei locali, sono ora in rovina. 

Gli antichi scrittori fanno gran menzione di detti bagni. 


Solino Giulio (cap. 10) dice che vi erano fonti e bagni che sanavano ogni sorta di mali, saldavano le ossa rotte e curavano dal veleno e dalle infermità degli occhi. 


Anzi, il Solino, a proposito degli occhi, riferisce due cose singolari: vi erano due fonti: una contro gli spergiuri, nella quale si lavavano coloro che avevano giurato; costoro, se avevano giurato il falso, diventavano immediatamente ciechi, ma se avevano giurato il vero, i loro occhi diventavano limpidi e belli. 


Altra fonte vi era contro i ladri: coloro che negavano il furto ed erano rei, bagnandosi gli occhi in questa fonte alla presenza del derubato, diventavano ciechi, ma se al contrario il furto non avevano commesso, i loro occhi rimaneva- no perfetti. 


In "Renius in Dionisii Peragesi " le terme in questione sono celebrate con questi versi latini, che confermano ciò che già ho riferito intorno alle virtù taumaturgiche di queste acque.


"Sardiniae postquam pelago circumfluat tellus 1ontibus eliquidis praebet miracula mundo quod sanat aegrotos pandit damnoque nefando periuros furto quos tactò lumine cedant"


Che queste famose pietre con su scritti i mali che ciascuna fonte era atta a curare esistessero veramente, è un fatto certo come è altrettanto certo che oggi non ci sono più e non se ne trova alcuna traccia. 


Ci si domanda: come sono sparite? 


Solo una leggenda risponde a questi quesiti: La relazione è scritta in ispagnolo, ma porta pure la traduzione italiana, che qui riporto, fatta sul manoscritto originale, conservato nella Biblioteca universitaria di Cagliari.


I medici del contado -riferisce la legenda- rimasti senza clienti per le virtù taumaturgiche, delle acque termali di S. Saturnino: unitisi in lega, decisero di frantumare ed occultare le pietre poste accanto a ciascuna fonte con inscritto in latino il nome della malattia che era atta a curare; 


Le fonti erano centodieci erano dette piastre tutte con una inscrizione differente.


Detti medici, ad dunque, di notte, si recarono sul posto muniti di mazze, frantumarono le « sacre » pietre e, perché la inscrizione non potesse ricostruirsi, ne raccolsero i frantumi e li gettarono nelle acque del fiume che lambisce il colle, dove questo procede a gomito. 


Appena, però, i «sacri » frantumi raggiunsero il fondo, la terra ,in quel punto sprofondò con un pauroso boato, che costrinse ì medici, autori del delitto, a fuggire pieni di terrore. 


Delle pietre non si seppe più nulla, perché il fiume, in quel tratto divenne senza fondo! 


Nel 1830, il Governo piemontese inviò sul posto il prof. Cantù con l'incarico di misurare la temperatura delle acque e di analizzarle. 


Dall'analisi eseguita, l'acqua risultò così composta: gas, aria atmosferica, ferro, carbonato, soda solfata, calce solfata, calce muriata, soda muriata, selce. 


Nel 1870, un altro studioso, Antonio Perone. nel suo "Dizionario Unisersale Topografico Storico -Fisico -Chimico – Terapeutico " Scrive: « Presso il confluente del Fiddia col Tirso, a piè d'un monticello di granitica rocca, detto il Goceano, nella valle di Benetutti, ed a ponente di questo comune, trovansi le Terme dello stesso nome od acque di Bultei, per la loro vicinanza a questo antico villaggio, nel territorio del quale propriamente sorgono. 


Vanno anche dette acque termali del Goceano ed acque di S.Saturnino, da una prossima chiesetta dedicata a questo Santo, il quale dà pure nome all'intera contrada.Intorno ad essa, sopra un’area di circa un miglio quadrato, sorgono ad ogni passo molti fili d'acqua minerale, che si riproducono in quel luogo, ovunque scavasi. 


Di queste polle alcune vanno a, scaricarsi nella riva sinistra di detto fiume, o in prossimità di torrenti, ed altre stagnano fra molte pozze fetide, rendendone il terreno maremmoso.


Narrasi da quegli abitanti che ivi esistevano bagni in tempi antichi, e non, e guarivi si conservano tuttavia certe tabelle, sulle quali stavano scolpiti i nomi delle malattie guaribili da quelle terme e come tali malattie si reputavano numerose. Le terme vennero nomate di Benetutti, ossia benefiche a tutti. 


La temperatura di dette acque è di gradi 32 R e di 35 e 40 centigradi. Il signor Lamarmora ce ne indica la temperatura in modo speciale. 


Esaminate, come ci dice, le stesse acque il 10 giugno, quando l'atmosfera all'ombra segnava 18° di Reaumur, la sorgente a settentrione dava 24-1/2 e di quella a S.0. segnava 28°, e la più orientale, che è la più frequentata, gr. 32. 

Il cav. Baldracco nei suoi cenni sulla costituzione metallifera della Sardegna, avrebbe trovato per l'acqua di una di quelle sorgenti, la temperatura di 43° centigradi, mentre la temperatura ,atmosferica era al di sotto di 18°. 


Egli medesimo produce l'analisi di quest'acqua, che dicesi fatta dal sig. Maninchedda, sulle proporzioni seguenti:di silice parti 0,0050, solfato di calce 0,0049, solfato di soda 0,0041, cloruro di sodio 0,0381, acqua 0,9499 totale lOO.OOOO


Il prefato signor Baldracco annunzia pure un'altra polla d'acqua sulla opposta riva del fiume Tirso, a 300 metri ad est della chiesetta soprastante il colle, mentre le anzidette prime trovansi sul punto in cui questo fiume fa una curva per dirigersi verso sud. 


La temperatura di siffatta polla sarebbe di centigradi 36. L'acqua di S. Saturnino in Benetutti, ch'è salina solfurea ferruginosa calda adoperarsi in bevande ed in bagni, per gli ingorghi particolari, per le anchilosi incomplete, per i mali artritici e reumatici, per le sciatiche, le cachessie,le contusioni, ecc..


Vi accorrono in gran numero i prossimi abitanti e, per mancanza di stabilimenti, durante la notte si ricoverano dentro la chiesetta abbandonata. 


Siccome, però, nemmeno questa è sufficiente a raccogliere un gran numero di ammalati, gli ultimi arrivati si costruiscono capanne estemporanee, per rimanervi tutto il tempo necessario alla cura. 


Dicesi che il Consiglio Provinciale di Sassari, col fine di erigere uno stabilimento per quelle acque, deliberasse di allogare nel bilancio la spesa di L. 140.000 ». 


Questo quanto riferisce il Perone nel 1870. 


Da indagini da me compiute negli archivi del Consiglio provinciale di Sassari, gentilmente messi a mia disposizione, è risultato che nel 1870 la Provincia aveva veramente in animo di costruire questo stabilimento e che la somma della quale parla il Perone era stata messa in bilancio. 


Il lavoro non fu condotto a termine per molteplici ragioni; in primo luogo, perché la Provincia, anziché procedere allo sproprio del terreno necessario a questo lavoro, cosa che per le disposizioni di legge in vigore poteva facilmente fare, ricorrendo a dei cavilli, si adoperò per in firmare nel suo diritto di proprietà il padrone riconosciuto del terreno. 


Il cav. Angioy, al quale detta zona apparteneva, s'impuntò, ne seguì una lite, che si trascinò per vari decenni. La Prefettura perdette la causa, gli animi si raffreddarono e dello stabilimento non si parlò più. 


Fu solo cinquant'anni dopo che la Signora Coda Teresa Angioy, subentrata al padre nella proprietà del fondo, costruì quel modesto stabilimento che ancora oggi può offrire una certa comodità. 


A dimostrazione che queste acque del Goceano hanno avuto nel corso dei secoli grande importanza, sta l'interessa- mento che esse suscitarono in moltissimi scrittori di valore. 


Il Lamarmora ne conta quaranta da lui esaminati. 


Voglio, per concludere su questo argomento, citare un illustre studioso, il prof. Gustavo Strafforello, il quale, in collaborazione di altri valenti studiosi) pubblicò, a Torino, nel 1895, la "Geografia d'Italia".


In detto libro si legge: Tutte le sorgenti hanno dei bacini all'aperto; la più frequentata è quella più a nord, che forma una piscina irregolare larga metri 2 e profonda m. 1. 


L'acqua non vi è torbida, né presenta sedimenti ma solamente una leggera peluria muscosa grigia, dall'odore e dal gusto dello zolfo e zampilla gorgogliando dal fondo. 


Prima v'era una piccola casa per ripararvi gli ammalati gravi, costretti pure a ricoverarsi nella chiesetta od in capanne e baracche di frasche, e un fico, parodiando la leggenda di Adamo ed Eva, ricopriva con la sua ombra la nudità dei bagnanti e li preservava dai raggi solari. 


In oggi il fico fu sradicato e per opera di Antonio Carta di Ploaghe (sic!), proprietario del luogo, una casa ha ricoperto la sorgente principale, ove gli ammalati possono curarsi non più esposti alle intemperie ed alle indiscrezioni. 


Queste acque sono frequentatissime, più di quelle di Sardara e nei mesi caldi vi è una media di 120 persone sofferenti in cerca di salute. 


Quale speculazione ottima, a cui nessuno ha finora pensato, sarebbe quella di costruirvi un apposito stabilimento idroterapico di cui si lamenta tuttora la mancanza in tutta l'isola. 


Questi bagni sono le antiche « Aquae Lusitanae > di cui parla Tolomeo, e quivi presso sorgeva la città di Lesa, come ne fanno fede i molti oggetti antichi rinvenuti, fra i quali basta accennare ad un diploma, trovato nel 1872 da una fanciulla mentre raccoglieva erba. 


Esso è composto di due lamine, conservate assai bene e fra i 60 che, secondo il Momnsen, si sono rinvenuti, è il più raro ed il più antico. 


Esso appartiene all'imperatore Galba (78 d.C.), fu spedito ad Usario e le firme dei testimoni sono di cagliaritani. 


Detto diploma è conservato nel Museo Archeologico di Sassari. Sulla cima del colle ove stanno i bagni s'eleva la chiesetta di S. Saturnino di cui ho già parlato.


Il tempietto è antichissimo, forse uno dei primi costruiti in Sardegna dai Pisani. Non conosciamo l'anno preciso della sua costruzione. 


Di esso troviamo solo un atto di donazione, fatto nel 1164 dal Vescovo Atone de Castra. Con questo atto la chiesa con una forte rendita passava ai Camaldolesi, che la tennero per diversi secoli. 


Il clima del Goceano è eminentemente mediterraneo.

 

La neve vi cade di rado e vi dura solo pochissimi giorni. 


I venti dominanti sono il ponete e la tramontana. 


Nel censimento del 1951 la popolazione del Goceano ammontava a 19.851 abitanti.

 

ITINERARI


Territori comunali interessati: Bultei, Benetutti, Nule.


Punto di partenza: Terme di San Saturnino


Accesso:


da Sassari: percorrendo la SS 131, si esce dallo svincolo per Ozieri, si attraversa il paese e si prosegue sulla 128b verso Bultei per immetterci a sinistra, poco prima di entrare al paese, sulla SP 86 verso Benetutti-Nule sino a raggiungere le Terme di San Saturnino;

* da Cagliari: percorrendo la SS 131, si esce dallo svincolo per Macomer e si svolta a destra sulla SS 129; si svolta a sinistra per Ozieri-Olbia per immetterci sulla scorrimento veloce Abbasanta-Olbia in direzione per Olbia; si svolta al bivio per Benetutti sino a raggiungere le Terme di San Saturnino.


Interessi prevalenti: 


* dal punto di vista naturalistico l'itinerario consente la visita alle rive del fiume Tirso (località Luzzanas e Sos Chessarzos); 


* dal punto di vista culturale l'itinerario la visita ad alcune chiese (San Saturnino, Sant'Arvara), ad antiche case rurali, a nuraghi (Puddighinu, S'Aspru, Luzzanas e Carvoneddu.), a diverse domus de janas (Su Anzu 'e Sos Beccos, Sa Menta, Sa Mandra'e Giosso, Molimentos e Siniddere) ed a un menhir (Monte Mannu).


Punti di appoggio e sorgenti: i punti di appoggio e di ristoro sono presenti presso le Terme di San Saturnino, le Terme Aurora ed il paese di Benetutti. 


L'area di sosta e la sorgente segnalata all'interno dell'itinerario è quella di Escalapiu.


Tre itinerari per l'escursionismo culturale e ambientale nel territorio di Bultei, Benetutti e Nule


Nel territorio di Benetutti (9453 ettari), non esistendo proprietà demaniali, gli itinerari, per l'escursionismo culturale e ambientale, sono stati tracciati considerando le emergenze culturali e ambientali più rilevanti che risultano essere, quindi, dislocate in terreni privati.


L'accesso è comunque sempre garantito dai proprietari che raccomandano soltanto una giusta attenzione nella apertura e chiusura dei cancelli. 


Nei percorsi sono state anche inglobate alcune località, site nei confinanti territori di Bultei e di Nule, rispettivamente l'area termale e Sos Chessarzos, quest'ultima perché più facilmente raggiungibile dal territorio di Benetutti.


Punto di partenza 


Il punto di partenza dei nostri itinerari è stato localizzato nell'area termale di San Saturnino, precisamente davanti alle Terme omonime: da queste si diramano i tre percorsi principali disposti a raggiera, da cui si può accedere ad ulteriori percorsi circolari - con l'alternativa di una diversa strada per il ritorno, rispetto all'andata - che penetrano maggiormente nel territorio considerato, consentendoci così di esplorare dei siti di notevole interesse.


La scelta dell'area termale di San Saturnino, come punto di riferimento, è stata fatta per la sua posizione geografica: centrale rispetto a tutti i comuni del Goceano e al resto della Sardegna. 


La si puo' raggiungere facilmente dalla strada a scorrimento veloce Abbasanta - Olbia, dalla quale ci si deve immettere nella vecchia SP 86 che, attraversando la vallata, collega i centri goceanini. 


Prima dell'inizio degli itinerari proposti è possibile, rimanendo nelle immediate vicinanze, visitare alcuni siti di notevole interesse. 


Da segnalare, inoltre, un progetto (già in fase di esecuzione) compreso nell'ambito del Programma Integrato d'Area (P.I.A), della VII Comunità Montana "Goceano", per la valorizzazione della zona termale, compresa nei territori di Bultei e di Benetutti, che prevede l'immediata realizzazione di:


-) un centro di promozione dello sviluppo e di erogazione di servizi, finalizzato a migliorare le condizioni di ricettività turistica della zona, facendo conoscere i siti d'interesse turistico e culturale, valorizzando i prodotti tipici locali ecc;


-) un parco urbano, con aree di verde attrezzato (per la passeggiata e per il picnic),


-) un complesso di attrezzature sportive (7 campi da tennis, 1 per la pallacanestro, 1 per la pallavolo, 1 per il calcetto, 6 da bocce), il galoppatoio con le attrezzature destinate ai cavalli (la pista, le scuderie ecc.) e quelle destinate al pubblico (tribune, biglietterie per le scommesse, sala corse, locali per il ristoro ecc.);


-) un centro di riabilitazione motoria che verrà realizzato, a scopi fisioterapici, utilizzando il poliambulatorio (mai entrato in funzione);

-) una piscina, con una vasca di tipo agonistico a 8 corsie regolamentari e la palestra, che ospiterà un campo regolamentare di pallacanestro e le tribune per 350 posti a sedere.


Inoltre, nella zona termale, esistono già due stabilimenti, con annesso albergo:


-) le Terme S. Saturnino, con 16 posti - cura (di cui 9 fanghi terapici e 7 inalatori) e 32 posti letto;


-) le Terme Aurora, con 27 posti - cura (di cui 11 fanghi terapici e 16 inalatori) e 120 posti letto.


L'area termale di S. Saturnino, infatti, era già nota ai Romani che per primi sfruttarono le qualità terapeutiche dell'acqua sulfurea e ferruginosa che sgorga alla temperatura di 34° C tant'è che, vicino alla sorgente, edificarono anche la città di Lesa, citata più volte da Tolomeo.


Una testimonianza delle antiche terme romane la possiamo, immediatamente, visitare perché situata dietro lo stabilimento di S. Saturnino: si tratta di una piccola vasca circolare, rifinita con alcuni gradini di marmo, ancora in buono stato di conservazione. 


Il calidario faceva, probabilmente, parte delle terme romane che durante il periodo imperiale i romani consideravano il centro della vita cittadina, visti anche i resti di colonne rinvenuti durante i lavori di ristrutturazione dell'attuale stabilimento. 


Nella piana di S. Saturnino sono state censite 8 sorgenti di acque termo - minerali, con temperatura variabile tra i 34° ed i 43°, in parte sfruttate dagli stabilimenti e in parte accessibili a tutti, perché sono in aperta campagna


Il visitatore Carillo, in una sua relazione sulla Sardegna diretta al re di Aragona, documentò il ritrovamento di una pietra nella quale, per ogni sorgente, venivano elencate le malattie che guarivano queste acque; secondo una vecchia leggenda popolare la pietra venne gettata nel vicino rio Mannu da un medico invidioso.


Ed è proprio per questi motivi che le fonti hanno assunto denominazioni di malattie, di caratteristiche relative all'odore o di parti anatomiche che le loro acque, secondo vecchie credenze popolari, erano in grado di guarire.


Le emergenze termo - minerali sono, infatti, note come : Su Anzu Nou, Su Anzu de sas Dentes, Su Anzu de s'Istogomo, Su Anzu de sos Beccos, Su Anzu de su Ludu, Su Anzu de sa Gutta, Su Anzu Mazzore, Su Anzu de sos Nervios, Su Anzu de Coda, S'Abba Pudida.


Tra queste consigliamo la visita a Su Anzu de sos Nervios (distante appena km 1 dal nostro punto di partenza), dove si può fare liberamente il bagno nella vasca in pietra circondata da numerose piante di giunco pungente (Juncus acutus), dove sgorga l'acqua calda sulfurea e a Su Anzu de sos Beccos, che si trova inglobata nel vecchio stabilimento termale, ormai in disuso, dietro l'attuale di S. Saturnino. 


Sempre rimanendo nelle immediate vicinanze del nostro punto di partenza, si può visitare la chiesa di S. Saturnino di Usolvisi, ben visibile, perché situata dall'altra parte della strada, rispetto allo stabilimento omonimo. 


La piccola chiesa romanica è stata edificata su una preesistenza nuragica; i recenti scavi archeologi hanno, infatti, rilevato le rovine di un nuraghe trilobato sopra le quali emerge l'edificio religioso, del quale si conserva l'atto di donazione ai monaci Camaldolesi, datato 1163. 


Il perfetto paramento murario, realizzato con i conci ben squadrati in trachite rossa, è un chiaro segno della presenza di maestranze toscane, probabilmente le stesse che operarono nella vicina Chiesa di S. Maria di Mesumundu (Anela) - nella quale si utilizzò il calcare dorato - donata anch'essa, insieme a quella di S. Saturnino, ai Camaldolesi che, già insediatisi in Sardegna, avevano costruito la stupenda basilica della S.S. Trinità di Saccargia (Codrongianus). 


L'impianto a navata unica termina con l'abside semicircolare a Nord - Est.


L'interno, coperto con capriate lignee, è illuminato da 2 monofore a doppio sguancio, centinate con arco a tutto sesto, che si aprono in alto su entrambi i fianchi, e da una monofora (oggi tamponata) che si apre nella curva absidale; nella facciata, rinforzata da paraste angolari, si apre centralmente il portale architravato, con l'arco di scarico rialzato di un concio, che ritroviamo simile anche nel fianco sinistro; 


Il retroprospetto è caratterizzato dalla presenza di un campaniletto a vela, in posizione decentrata, che venne sicuramente aggiunto in tempi successivi rispetto alla originaria fabbrica romanica